La conversione del decreto Destinazione Italia e l’avvio della riforma del catasto avranno anche delle ripercussioni in ambito condominiale sollevando alcune problematiche di natura applicativa. Cosa cambia con la riforma del catasto? In un precedente articolo (Ecco come il nuovo catasto ci porterà delle sgradite sorprese.) ho parlato delle modifiche che verranno applicate al sistema catastale. Una riforma molto complicata visto che non si metteva mani dalla fine della seconda guerra mondiale (le tipologie catastali sono ancora oggi quelle definite negli anni ’40). Dovrà censire 63 milioni di unità immobiliari e ci vorranno non meno cinque anni secondo le più rosee previsioni dell’Agenzia delle Entrate per far andare a regime il nuovo metodo di classificazione al fine di fornire un’immagine del patrimonio immobiliare sul territorio più realistica e coerente con l’attuale situazione del mercato. Non sono mancate le critiche. Alcune associazioni di categoria (Assoedilizia) hanno parlato di “danno immediato e nessun beneficio per il settore”, mentre Confedilizia, si auspica un sistema che dia la “possibilità per i cittadini di impugnare valori e rendite”.
Le ripercussioni in ambito condominiale. Indirettamente questa riforma andrà ad incidere anche sui compiti dei singoli amministratori di condominio, perché ai sensi dell’art. 1130 comma 6 della legge 220/2012 e successiva modifica (Dl 145/2013, convertito dalla legge n. 9/2014), attribuisce a loro, la facoltà di raccogliere i dati catastali delle proprietà amministrate e se il proprietario non aderisce, la legge consente di recuperarle addebitando la spesa ai titolari.
La compilazione dell’anagrafe condominiale comporta inevitabilmente un adoperarsi, in primis, dell’amministratore, che nel caso di mancata collaborazione dei condomini dovranno collegarsi ai terminali dei catasti d’Italia.
L’inghippo. Solo pochi Comuni “privilegiati”. L’Anagrafe Immobiliare Integrata, gestita dall’Agenzia del Territorio, ed operativa dal 1° gennaio 2011, capace di riunire tutte le banche dati esistenti, sicuramente sarà un ottimo strumento. Circa un anno fa è stata lanciata, solo in via sperimentale, questo servizio di consultazione integrata delle banche dati catastali e ipotecaria. Per la sperimentazione sono stati individuati solo 134 Comuni (tra cui Torino, Bologna, Padova, Vicenza, Viterbo, Pescara e Lecce ecc.), che rappresentano il 12% del patrimonio immobiliare urbano nazionale, in base all’attuale livello di integrazione tra le informazioni catastali e di pubblicità immobiliare. Questo significa, i restanti 88% dei Comuni non potranno utilizzare, se pur invia sperimentale, tale strumento. La riforma del catasto, potrebbero rivelarsi una ottima occasione per prevedere degli strumenti atti ad una individuazione più celere dei dati richiesti per la compilazione della stessa anagrafe condominiale, cercando, ove possibile, di non introdurre dei nuovi balzelli a carico dei condomini.
I dati inerenti alle “condizioni di sicurezza”. Il Decreto Destinazione Italia ha introdotto una importante modifica per quanto concerne la tenuta e l’aggiornamento del registro di anagrafe condominiale, specificando che i dati relativi alle c.d. “condizioni di sicurezza” devono essere esclusivamente quelli riferiti alle “parti comuni dell’edificio”. Il correttivo è strettamente connesso alle nuove attribuzioni dell’amministratore di condominio, ridefinite dall’art.1130 c.c., della legge di riforma ed attribuisce all’amministratore il compito di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale. Secondo la formulazione originaria della norma, il registro in questione doveva contenere, oltre alle generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, “nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza”. Dal tenore letterale del nuovo art. 1130 c.c. si riteneva che i dati relativi alle condizioni di sicurezza dovessero essere riferiti, analogamente ai dati catastali, alle unità immobiliari di proprietà esclusiva, con tutta una serie di conseguenze rilevanti sia per l’amministratore che per i singoli condomini, chiamati a svolgere un’attività particolarmente intensa e difficoltosa, nonché possibile fonte di responsabilità e contenziosi.
In particolare, l’amministratore avrebbe dovuto richiedere ai condomini i dati delle certificazioni relative, appunto, agli immobili e relativi impianti di proprietà individuale, con conseguente obbligo per i proprietari di emettere le relative attestazioni sulla sicurezza dei propri immobili, anche in quelle ipotesi in cui le attività ivi realizzate non fossero state idonee ad interferire in alcun modo con la tutela delle parti comuni dell’edificio. Circostanza, questa, che avrebbe potuto dare luogo a ingiustificate intromissioni nelle proprietà individuali. Il legislatore risolve la questione limitando l’oggetto dell’anagrafe condominiale ai dati relativi alle condizioni di sicurezza delle sole parti comuni (ex art. 1117 c.c.) o, al più, delle parti comuni richiamate dagli artt. 1120 e 1122 c.c., in relazione alle particolari fattispecie ivi contemplate.
L’area della vigilanza, in capo all’amministratore, è quindi stata ridotta facendo rientrare esclusivamente le parti e gli impianti comuni, anche se ai sensi dell’articolo 1130, n. 4, del codice civile l’amministratore deve “compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio” assumendo una posizione di garanzia nei confronti dei condomini.
Il Registro Anagrafe Sicurezza. Il registro di anagrafe condominiale contiene tutti i dati anagrafici e fiscali dei condomini, la sussistenza di eventuali diritti reali e di godimento nonché i dati catastali delle singole unità immobiliari. Il decreto-legge precisa che le annotazioni relative alle condizioni di sicurezza – cui fa riferimento il comma 1, n. 6) – sono da intendere esclusivamente come inerenti alle parti comuni dell’immobile. Il “registro della sicurezza” è uno strumento dinamico di controllo per garantire una gestione efficiente e trasparente. A tal fine dovrà contenere ogni dato relativo alle parti comuni e monitorare le condizioni di sicurezza dello stabile al fine di prevenire ogni tipo di rischio. Per tali motivi la specifica, introdotta dalla legge, che i dati relativi alla sicurezza devono essere contenuti nel Registro di anagrafe implica che l’amministratore ha l’obbligo di denunciare eventuali motivi di insicurezza presenti nel condominio o nei suoi impianti.
Le sorprese. Siccome l’amministratore deve registrare “ogni dato relativo alla sicurezza delle parti comuni”, per fare ciò dovrebbe effettuare preliminarmente un “inventario” degli impianti comuni ma anche valutare se i medesimi impianti siano tutti adeguati alla normativa in tema di sicurezza. Da ciò ne deriva una conseguenza: l’amministratore deve essere in grado di accertasi in che statogli impianti si trovino al momento della redazione del medesimo registro, da ciò ne conseguenze che gli impianti comuni censibili siano accessibili e controllabili liberamente e facilmente. Ricordiamo che l’amministratore ha il dovere di informare i condomini della eventuale situazione di pericolo, specie se sussiste un concreto rischio di danni a persone o cose e deve attivarsi nel caso in cui possa risultare pregiudicata la sicurezza delle parti comuni. Le responsabilità che si possono configurare di natura civile e penale qualora l’evento sia casualmente ricollegabile alla mancata vigilanza o intervento sulle parti e impianti comuni nei confronti delle quali egli non abbia assunto iniziative volte ad evitare eventi dannosi. Per tali ragioni il singolo amministratore, particolarmente ligio al suo dovere, al fine di ottemperare a tele obbligo, potrebbe rivolgersi a dei singoli professionisti per valutare se gli impianti esistenti sono a norma ed in regime di sicurezza. È evidente che, l’amministratore essendo il mandatario della compagine condominiale gli viene riconosciuto il potere/ dovere di compiere gli atti conservativi. Per tali motivi il medesimo deve agire per evitare pericoli concreti per le parti comuni dell’edificio derivanti dalla mancanza di sicurezza.
Avv. Isidoro Tricarico